invadente come al solito,
il petulante blaterare
del giallo becco d'un papero
s'infila a forza, a interrompere
il dialogo, col suo atteggiarsi
tinto, che a ogni gesto ripete,
come un loop, io ti sono amico!
viene in mezzo, a fare il maestro –

Vietata ogni tristezza,
è tempo, cuori, di giubilo!
Devo ancora riempire il pieno,
cominciare a guardare oltre
l'intuizione di me in un'immagine
sbattutami contro da un muro
o da carne, fino ad attuare
oniriche materializzazioni –
necessaria espansione
di questa unitá molteplice.
Vietate le lacrime,
l'assurdo, inutile dolore!

il Santo mi lascia da solo
toccando, per l'ultimo sorso,
il mio bicchiere col suo – resto,
con la mia attenzione svogliata,
continuando a dare credito
a chi ha contratto un debito
con me, incommensurabile –
e non si cura di saldarlo –
fingo di ascoltare il logorreo
fiume di io a me ho fatto
vado dico io mi e questo
e quest'altro e io faccio
io dico io vado io sono
arraffazzonato vivente
bozzetto d'un presuntuoso piotr –
che?, questo come verchovensky? huhùu
infimo rispetto all'originale,
intrallazzatore squallido
ch'esprime il niente da ogni poro …

 

continua ...