16/5/’50 – adesso, il dolore
invade anche il mattino, quand’era piacere
svegliarsi e ricadere nel sonno, allumato
da carezze insistenti; e il sonno, tirato
su dal naso tuttinsieme, ridava forza
calore e gioia vitale – batte una tempia –
ora, tristezza inutile, agitazione
rivolta al niente, qui, in un’osteria piacevole,
atta a questa farsa da viveur, scribacchino,
nient’altro che un parassita – risibile
perché comico
- che si lagna anche del sangue
offertogli, generosamente.

Salvare
i cambiamenti  


27/11/’48
vorrei fosse lei – lo stoicismo è il suicidio –
io sono onde di questo mare – resto
qui, fino a che mi va, finché dura, il vino –
se finisce ne prendo ancora! e leggo –
non voglio cercare nessuno! –
è un modo per dirmi che voglio, ù
e non posso – sei risibile – e bevo –

poi considerare ciò che serve – cosa fare, e perché;

ora, leggo un altro anno, forse due o mezzo,
all’osteria – prima, avevo finito da bere –
poi, considerare ciò che serve – parole,
telefonate da fare, persone da incontrare;
o forse è meglio così,
non voglio cercare nessuno – non so!

Domani, casa – l’infanzia – viene qui, da me.

Poi, considerare ciò che serve –
idealistica luciferesca.


il vino 3