Tu quoque punk!

                 … in v. Pinturicchio

Lamiere, baluginanti sotto l’arco. Mi fermo.
Magmatico, un dubbio ontologico m’avviluppa.
Superare la soglia. È necessario un equilibrio.
Germina il ruvido contro la guancia.                       
                   Commessure -
una gelida nebbia goffamente vi si accascia -
strade rettilinee, protette da possenti guard-rail -
angusti budelli melmosi, scarsi d’ossigeno.

Davanti all’occhio s’insinua profondo e curvo il solco -
tetra gola - ripide pareti unte di grigio
pozze di pece pochi tenaci cespi di muschio
sporgenze aguzze scuri marrone. Di qua dall’uscio,
poggiato a un piedritto di mattoni gualciti, indugio
sull’obliqua intersezione di due vie possibili.
 

Davanti all’occhio come una freccia mi corre il solco -
mulattiera - copioso ricettacolo di muffe
alte dune di sabbia bluastra a volte un balcone
ossidrili particole di piombo. Oltre ogni occhio
una strada. Poggio i piedi su una; l’altra rinfresca
una tempia. Guardo la chiave. Sull’uscio rumino.

Oltre il mio piede, il marciapiede non è. Mollemente
sprofondo in viscide atmosfere d’odori stagnanti
sature, gas e nausea. Sul catrame si spandono
lampioni liquefatti. Cammino! Una banderuola
su antracite rosa d’umido rosso. Extrasistole.

Can you com’in, can you com’in soon?!

Meglio andare. Evitare il portato d’un gesto
tutte le implicazioni il ragionare astratto
d’una nebulosa sincretica. Non ho più
spazi dentro, solo un abisso di parole.
M’avvio lungo una retta nemmeno supposta,
miserie ai bordi, consunte da un rigagnolo.

Can you com’in, can you com’in soon?!

Nessuna immagine – non un’ombra o un piacere –
precede questo momento che non è niente
sembra compreso da questa pelle e le ossa.
Un vuoto gorgo di suoni spogli di senso –
afferrare le gocce sospese a mezz’aria,
farne piena che ineluttabile sgretoli
il basamento di questa Babele infima.  

Can you com’in, can you com’in soon?!

Nessuna immagine a solleticare il cranio.
Nessun ricordo. Prospettive in dissolvenza.
Quanta energia sprecata a costruire il niente!
Dalla tasca nella bambagia riverbera
un’onirica premonizione - s’aprono
porte - squassa la carne un delirio panico.

Can you com’in, can you com’in soon?!

Vivo sul passo successivo troppo lento
per anticipare il precedente - inutile
sforzo d’una presenza inatta ad affermare
la propria attualità.
Obbligarmi in un gesto
obliando questa profondissima gola -
livido interstizio angustiato da pareti
pulsanti come pelli in amplesso impegnate
in deliranti esercizi di vertigine.

Can you com’in, can you com’in soon?!

Distanze impazienti s’affrettano
a svanire sotto i miei passi senza avere
il buon cuore di significare qualcosa
o quantomeno narrarmi una storia.
Guardo la chiave, entro, sono sul mio obbiettivo, nulla
vale più di questo, ora!  - Nevermore! - Concavi gli occhi.  

Can you com’I!

Tutto il rumore immaginabile è qui sotto con me:
mugghio basso straziato da acuti insostenibili, 
continuo, fino all’abisso di silenzio d’un pozzo
rovente trivellato a fondo dal sole in occipite.

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un'ossessione


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