Medioevo presente.
  
                                   
Percorre le vie grinzose
di questa città un appagata sensazione
di comodità, precondizione d’un sonno spoglio
d’inutili sogni. Deciso l’incedere,
le parate si susseguono declamando inni
alla magnificenza d’un vivere mai prima
d’ora così pregno d’occasioni, baluginante
d’odori e sonorità, beato fra doni
papali e cioccolatini. 

  
                                     Le raccomandazioni –
nelle feste di piazza del terzo millennio,
ci si scanna su banconi colmi di sanguinaccio
spalmato su pane, per abbrancare, ossessi,
pacchetti gratis d’organi e palchetti in riduzione –

le pie indulgenze. 
  
                                    Le processioni i santi 
in acido liquidano -
moderna iconoclastia.
Devoti in ginocchio s’affannano mirando
agli altari.
Nuovi rituali si impongono fra inserti
pubblicitari.
Gli officianti propongono
nuove virtù e pozioni miracolose, foriere
di nebbie immobili e inglobanti sabbie d’oblio.

L’Inquisizione, non dichiarata, ha finalmente
a disposizione la tecnica e la scienza
necessarie a controllare senza dover reprimere,
inducendo con dolcezza;
e insinua, subdolo
nelle menti, un destino di condiscendenza che,
sublimato da catodiche dipendenze
e alchemiche assuefazioni, scende nelle esperienze
fino a formare una griglia tanto intricata
da appiattire qualsiasi parvenza di profondità.

E obbliga al gesto ripetuto: vite, corpi
e cervelli, automizzate.
                                                    
L’espressione del sé,
da razionalità utilitaristiche
necessitata, si riduce a blanda imitazione
del proprio sentire o di cliché eteroimposti;
la volontà diventa autorappresentazione
tesa al raggiungimento di un solo obbiettivo,
la vetrina d’un qualche supermercante.

   
                                                                          Ma dove
la vita ha orrore d’essere parzialità
di piacevolezze liofilizzate e mercantesche
spettacolarizzazioni di ameni sensi, 
s’impone la necessità di gesti che, negando
sé a una gretta esistenza reificata,
aspirino all’irriducibilità del sogno.  

Urlare la propria unicità. Esporre
una volontà creatrice capace d’affermare
fluide interazioni devianti, gocce
caustiche su ogni meccanica, maglie
mancanti di immateriali catene.

                                                              Rischiare i desideri.


Il vino all'osteria

torna a canzoni