Continuano a volermi prendere per mano
nemmeno fossi un acrobata ormai
sprovvisto di rete che non può
più articolare movimenti
distanti dal clamore muto
d’una scopata consumata –
senza consecutio – sul muro
della cucina, senza alcun ricordo
successivo alle dissonanze
d’un urlo echeggiante di vuoto,

o contiguo al rito ancestrale
della pioggia dentro la carne –
ch’è profumo d’incesto.

Polvere e macerie restano.


ingorghi